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California, in cassa soldi per 20 giorni

di Daniela Roveda

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Al ristorantino "Le Pain Quotidien" di Brentwood Arnold Schwarzenegger va spesso a giocare a scacchi con gli amici il sabato mattina, ma questo fine settimana il governatore non si è visto. Lo aspettava Dawn Silheavy, maestra della scuola elementare Benjamin Franklin del quartiere di Santa Monica. «Ero andata per sentire direttamente dal governatore se è vero che non riceverò lo stipendio a fine mese perché lo Stato non ha i soldi per pagarlo».
La signora fa fatica a crederci, eppure è vero: di questi tempi nemmeno lo Stato della California, ottava potenza economica del mondo, 35 milioni di abitanti, 1.800 miliardi di Prodotto interno lordo, riesce a pagare i conti o a farsi prestare soldi, a qualsiasi tasso di interesse. Oggi alla California servono ben 7 miliardi di dollari per colmare il gap tra le spese correnti e le entrate fiscali che affluiranno nelle casse statali non prima dell'aprile 2009. Schwarzenegger nel week-end non è andato a giocare a scacchi; era al telefono tutto il giorno con Washington, in fila con gli altri questuanti - banche, enti pubblici, stati - nella speranza di ottenere un prestito d'emergenza dal Tesoro americano.
Normalmente la California non ha problemi nel vendere al pubblico revenue anticipation notes, strumenti del mercato monetario utilizzati per colmare il temporaneo divario tra entrate e uscite. Ma la grave crisi finanziaria nazionale, peggiorata negli ultimi 10 giorni, ha letteralmente tagliato fuori la California dal mercato del credito. Quest'anno, come se non bastasse, lo Stato ha ricevuto solo un A+ dalla Standard & Poor's e A1 da Moody's, il voto più basso tra tutti gli stati americani ad eccezione della Louisiana, a causa della gravità della crisi dei mutui subprime e della condizione in cui versano le sue finanze, un buco di 15 miliardi di dollari in bilancio. Nemmeno i muscoli di Schwarzenegger sono riusciti a convincere le istituzioni finanziarie a prestare a questa potenza economica in ginocchio. Alla immensa California e al suo minaccioso governatore non resta che fare l'elemosina.
Di fronte a un piano di salvataggio del sistema finanziario americano nell'ordine di 700 miliardi di dollari, i sette miliardi di dollari chiesti da Schwarzy paiono briciole. Ma un intervento da sette miliardi di dollari - 200 dollari per abitante, sei volte l'attuale fabbisogno di cassa dello Stato di New York - diventerebbe il maggior salvataggio della storia di un ente pubblico americano. Per ora il record è detenuto dal Comune di New York che nel 1975, sull'orlo del fallimento, ottenne una linea di credito da 2,5 miliardi di dollari dal Governo federale.
Intanto i segni della crisi sono sempre più visibili, anche a occhio nudo. I negozi di Rodeo Drive sono semideserti. I ristoranti dove vanno abitualmente a mangiare Tom Hanks e Steven Spielberg sono mezzi vuoti, ci sono le star ma mancano i curiosi che ci vanno nella speranza di sedersi accanto a qualche celebrità. Il volume d'affari dei ristoranti di Los Angeles, secondo un sondaggio, è giù del 30% rispetto all'anno scorso. È calata anche l'affluenza alle palestre e ai saloni di bellezza, diminuiscono le operazioni di chirurgia plastica, le iniezioni di Botox, insomma i californiani stanno tagliando tutte le spese non strettamente necessarie. E molti si stanno preparando a sfrondare anche le spese necessarie perché il futuro non è roseo.
Se questi sette miliardi non salteranno fuori entro il 29 ottobre, ha spiegato il tesoriere statale Bill Lockyer, lo stato sospenderà i pagamenti degli stipendi degli insegnanti, delle forze dell'ordine, degli infermieri degli ospedali pubblici, di tutti gli impiegati statali. I dipendenti pubblici non potranno pagare l'affitto, la bolletta della luce, i debiti accumulati sulle carte di credito, le rate sulla macchina, l'effetto a catena sull'economia sarebbe insomma disastroso.
L'economia californiana sta già soffrendo più che ogni altro Stato - ad eccezione della Florida - della crisi dei mutui subprime. Solo nel mese di agosto 33mila californiani hanno perso la casa e altri 101mila hanno ricevuto l'avviso di pignoramento. In California sorge la città - Stockton - con il più alto tasso di pignoramenti della nazione, una casa su cinquanta. A Los Angeles i prezzi delle abitazioni sono crollati del 25,3% nel corso dell'ultimo anno, a San Diego del 24,2% e a San Francisco del 23,7 percento. Solo in tre altri grossi centri metropolitani - Miami, Phoenix e Las Vegas - la crisi immobiliare è stata più pesante.
Le implicazioni dello scoppio della bolla immobiliare sono state devastanti per le finanze pubbliche, ma le diatribe politiche sono state forse ancor più dannose per il futuro dell'economia californiana.
Di fronte a un allarmante deficit da 15 miliardi di dollari, quest'estate repubblicani e democratici si sono accapigliati e impuntati testardamente sulle proprie posizioni. I repubblicani hanno detto categoricamente no a qualsiasi aumento delle tasse, anche se proposto dal loro governatore e collega di partito; i democratici hanno proibito di tagliare certi servizi sociali. Ci sono voluti mesi di trattative per approvare il bilancio 2008-2009 il 23 settembre scorso, con ben 85 giorni di ritardo.
  CONTINUA ...»

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